Tra i metodi per rimorchiare questo è il più infallibile: il Bacio Perugina.
All’asilo quando ti piace il tuo compagno di banco ma ti vergogni a parlare con lui, questo cioccolatino argentato ti toglie ogni problema.
Quando ero in quarta elementare mi ricordo di un amico che mi fece trovare, il giorno di San Valentino, una borsa – oserei dire pochette anche se ai tempi non sapevo neanche che fosse – strabordante baci perugina. Mi aveva conquistata. Da lì anche io ho adottato questa tecnica davvero micidiale, a meno che il diretto interessato non sia allergico alla frutta secca e al cioccolato.
Grandi sostituti delle rose rosse e delle serenate, i Baci Perugina sono i signori Apollo della pasticceria, implacabili e affascinanti seduttori.
Mi sono sempre chiesta come fossero nati, quale fosse la loro storia e come si siano evoluti nel tempo.
Qualche giorno fa, quasi per caso, sono riuscita a contattare la pronipote omonima di Luisa Spagnoli, la creatrice del cioccolatino e ora maestra cioccolatiera con un proprio laboratorio artigianale a Sant’Enea, Luisa Spagnoli Confiserie du Chocolat.

Al telefono, tramite note vocali su Whatsapp – perchè il mio anziano cellulare si lamentava un po’ troppo – Luisa mi ha raccontato qualche chicca sul mondo Perugina.
Partiamo dagli albori. Nel 1901 la mia bisnonna apre un piccolo negozio di confetti nel cuore di Perugia, andando a rivestire quel ruolo di donna e imprenditrice emancipata che all’epoca faceva tanto scalpore. Cinque anni dopo, la svolta: i miei bisnonni si mettono in società con la famiglia Buitoni, che già allora possedeva un pastificio, facendo nascere Perugina. Con lei appaiono una serie di grandi prodotti, tra cui, appunto il Bacio Perugina.

E ora viene il bello. Sapete com’è nato il cioccolatino più famoso al mondo?
E’ nato da un errore, come tutte le cose geniali. Un impasto era venuto male: non si amalgamava, sembrava impazzito. Ad un certo punto, mescolando e mescolando, le nocciole presenti all’interno hanno iniziato a tirare fuori il loro grasso oleoso rendendo possibile amalgamare il composto. A questo Luisa aggiunse una nocciola in cima. Inizialmente ribattezzò il cioccolatino “cazzotto”, per la sua caratteristica forma a pugno chiuso. Giovanni Buitoni, grande uomo di marketing, la convinse a cambiar nome: Non è bello che tu entrando in un bar chieda “mi da un cazzotto?” È più bello dire “signora mi da un bacio?”.
A quel punto la strada fu solo che in discesa e il cioccolatino spopolò in tutto il mondo, confezionato in quella scatola blu e argento con l’immagine, ispirata ad Hayez, del bacio fra una coppia sotto un firmamento notturno.
Ma il cioccolatino tanto amato ai tempi, non è più quello attuale. L’azienda che ne segue la produzione è un’altra.

La mia era una famiglia eccezionale e non lo dico perchè sono di parte. Per noi, per i miei bisnonni, nonni e genitori, la qualità del prodotto era la prima cosa. Passavamo ore in casa ad assaggiare torroni e cioccolata per decifrarne aromi e imprecisioni. I miei parenti avevano un gusto ed un’inventiva nel fare le cose a dir poco portentoso.
I primi Baci erano qualcosa di stellare. Le nocciole erano italiane, il cioccolato concato – ossia lavorato nella concatrice affinchè assumesse note di zucchero caramellato. Tutto ciò è ora impensabile: va persino di moda acquistare il cioccolato crudo.
Bianco, nero, rosa, il bacio perugina non è più quello di una volta.
La quantità di granella e di cioccolato fondente si è dimezzata; sono comparsi oli vegetali. Io non riconosco più il bacio di mia nonna.
Sarebbe il mio più grande sogno riuscire a replicare il suo prodotto, o per lo meno, creare un qualcosa di simile al suo.
Ho aperto la mia attività non per obbligo, non perchè portavo sulle spalle il nome di mia nonna. Era una cosa che mi sentivo dentro: da piccola sognavo di incartare scatole di confetti. Era destino. Inizialmente mi sono fatta aiutare da mio padre, da uno dei più esperti maestri dell’azienda, il signor Remo che ora conta 92 anni, e da Italia, una storica impiegata straordinaria nel fare pacchetti e decorazioni. Poi ho continuato e continuo, come ogni giorno, da sola.

Dall’avere una scuola di musica, Luisa si è ritrovata immersa nella storia della sua famiglia. Tra pianti e risate, sacrifici e soddisfazioni, ora Luisa crea cioccolatini che raccontano in maniera rispettosa la vera storia della sua famiglia e del cioccolato autentico.
Una domanda mi preme fare da tutto il giorno: Come si viveva la Pasqua in casa Spagnoli?
Innanzitutto c’era un’aria di uova e di cioccolata ovunque. Poi, avendo mio padre una tata tedesca, noi figli siamo stati abituati a cercare le uova di cioccolata nascoste da Nonno Aldo nel giardino di casa. Se non riuscivamo a trovarle ci offendevamo. E ancora oggi io faccio lo stesso con i miei 5 figli.
Oltre alla caccia al tesoro preparo un uovo gigante in cui inserisco per ogni figlio un regalo. Noi da piccole, essendo in 4 femmine, trovavamo addirittura quattro bambole. Il guscio era, ed è tutt’ora, talmente spesso che andava rotto con il coltello.
Moglie, madre e cioccolataia, Luisa Spagnoli è il ritratto della bisnonna che per passione, prima che per lavoro, ha cambiato il modo di vedere e di pensare il cioccolato.
Il Bacio Perugina non era il protagonista di un film di Moccia, non era fashion e alla moda: era un cazzotto buono e genuino, simbolo di emancipazione femminile.
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