Sembra di volare. Sembra di viaggiare in prima classe. Sembra di essere in quei vecchi vagoni in cui puoi stiracchiare le gambe, fare una dormita, mangiare e leggere il giornale in santa pace.
Invece no. Sei a Roma, a Roma Sud, al quattordicesimo piano del mitico Fungo.
Il Fungo? Non sei romano se non conosci il Fungo. Non sei un vero romano di Roma Sud se non ti sei baciato sotto il Fungo. Sì, perchè quell’ex serbatoio idrico, eretto negli anni 50 da Roberto Colosimo e Aldo Capozza è ora un monumento, simbolo dell’Eur, delle fughe romantiche e delle sbronze post partita.
Baciarsi sotto il Fungo, nel buio, nel nulla, tra boschi e umidità è romantico. Ma se vi dico che a quattordici piani di distanza potete raddoppiare la dose di amore, che mi dite?
Entrate nell’edificio, prendete l’ascensore e arriverete in pochi istanti dentro la testa del Fungo. Lì ad accogliervi c’è il Ristorante Quattordicesimo Piano.
Una circonferenza che guarda Roma. Moquette e arredamento anni 80. Infissi di tempi passati, sedute in pelle e tovaglie bianche. Scaffali con il vino e poi lei, un’unica, chilometrica finestra che percorre tutto il locale e termina in cucina.
Seduti alla tavola potete godere della vista sulle luci di Roma e intanto stuzzicare qualche piatto.
La cucina è giovane e dinamica. A dirigerla è Mirko Ceravolo, 30enne da 11 all’interno del ristorante. Nato nei pochi metri quadrati di questa cucina, Mirko è cresciuto sempre di più, rubando emozioni e trucchi dai suoi superiori. Ora è lui a prendere decisioni, ad abbinare ingredienti, a ultimare ogni portata.

Il menù è quasi esclusivamente di pesce, cucinato il meno possibile ed associato a verdure di stagione.
Preso posto al tavolo sarete coccolati da un divertente aperitivo a base di maritozzo salato con crème fraîche e gamberi ed un roll a base di riso, castagne, barbabietola e ‘nduja.


Poi arriva l’amuse bouche, sempre di pesce: scampo e zafferano. Un boccone ricco di sapori.

Da qui inizia la cena vera e propria. Oltre al menù alla carta si può optare per un menù degustazione sviluppato in due antipasti, un primo, un secondo e un dolce a 60 euro.

Noi abbiamo provato quasi tutto il menù.
Sfiziosa è la ricciola marinata nel finocchietto con puntarelle, maionese di lamponi e pizza bianca. Il pesce è corposo, paragonabile ad un prosciutto. La puntarella acida e croccante rende questo piatto un ottimo inizio. Il palato inizia ad essere solleticato.

Un fuori menù dello chef è il carciofo arrosto e croccante abbinato ad un tataki di palamita. Il carciofo omaggia il lato romanesco e giudaico della Capitale: è carnoso e intenso e basta da solo. Il pesce denota freschezza.

Arriva un mollusco: il calamaro grigliato con crema di ceci, cipolla rossa in agrodolce allo zenzero e salsa verde. La punta di salsa verde è il cardine dell’intero piatto che smorza la dolce acidità della cipolla e avvolge il calamaro appena calloso.

L’ultimo antipasto a passare sotto il pass è il polpo croccante. Mi direte: ancora un altro polpo? E’ sicuramente la moda del momento: ogni ristorante gli riserva un posto nel menù. Qui la nota in più è data dalla leggera laccatura che ne esalta la dolcezza naturale. La croccantezza estrema delle ventose viene smussata dalla crema di patate affumicate ed i funghi porcini appena spadellati. E’ un antipasto ruffiano e confortante, quasi di carne.

La creatività continua nella pasta. I ravioli ripieni di seppie con vino rosso e mascarpone sono sicuramente il piatto firma di Mirko. Unici e autentici racchiudono in un morso tanti umori diversi: c’è l’acidità del vino rosso con cui la pasta è colorata, la grassezza del mascarpone e poi la seppia che, tra tutti questi sapori forti, emerge per consistenza e dolcezza. Chi li assaggia torna, ritorna e ritorna. Sembra di addentare una fetta di mortadella.

Dalla pasta fresca a quella secca con i fusilloni Felicetti al pesto di pistacchi, tartare di tonno e bottarga di muggine. E’ una pasta sapida, grassa e fresca allo stesso tempo. Il pistacchio penetra ogni elica mentre i cubetti di tonno marinati nella soia modificano le temperature e le consistenze.


Prima del secondo non poteva mancare la Cacio e Pepe, l’intruso di un menù di mare. Qui la mantecano in diretta all’interno della forma del pecorino. Non solo, la pasta non è il classico tonnarello all’uovo ma un simil strozzaprete acqua e farina, mordace e consistente. 5 sono i pepi che la profumano, 2 i pecorini. Nonostante la pancia fosse piena, di questa cacio pepe ne avrei fatto volentieri il bis.



Chiudiamo il reparto salato con un filetto di rombo arrosto con radicchio e zucca. Il pesce è freschissimo e cotto alla perfezione. La vera bontà, però, sta nel contorno, un matrimonio perfetto fra la zucca dolce, cremosa e saporita ed il radicchio amaro e appena croccante. A concludere, polvere di lamponi.

I dolci non sono da sottovalutare. Anzi!
Complessi ma non sofisticati chiudono in bellezza la cena.
La sfera di cioccolato temperato nasconde una crema ricca di tuorli e mascarpone. Intorno crumble al cioccolato, sale Maldon e ovviamente caffè.

cacao e sale di Maldon – 11,00 euro
Poi c’è la ricotta e pere, composta nel piatto con una crema setosa di ricotta vaccina, pere cotte, gelatina alcolica, cialda ai semi di papavero e terra di cacao.

Infine il dolce d’autunno per eccellenza a base di castagne, caramello e nocciole caramellate.

Il servizio è giovane, disponibile. La carta dei vini nasconde qualche chicca niente male.



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