Quando inizi a girare per ristoranti, a postare foto su Facebook e storie su Instagram di chef che presentano piatti pazzeschi, è ASSOLUTAMENTE INEVITABILE che i tuoi amici ti inizino a chiedere consigli “gastronomici” su dove portare la fidanzata\o a festeggiare il compleanno o l’anniversario o semplicemente per mangiare bene e al giusto prezzo. 

Questo almeno è quello che succede a me, testimone la mia rubrica intasata da messaggi e chiamate a tema gastronomico. Il più delle volte riesco a soddisfare le richieste MA, come tutti, ho il mio tallone d’Achille, e il suo nome è Papà
Mio padre è la persona più esigente, rompiscatole, che conosca, soddisfarlo – sopratutto dal punto di vista mangereccio – è un’impresa più che ardua.

Miracolosamente sabato scorso, in occasione del compleanno di mamma, sono riuscita ad ottenere la sua approvazione, una grande approvazione direi. 

L’eroe che mi ha aiutato in questo è Giuseppe Domenico Larosa, chef e proprietario di Royalbeef, un ristorante – anzi due ristoranti (uno ad Ostia e uno a Latina 2.0) – di sola carne dall’antipasto al secondo (no niente tiramisù al sangue di manzo mi spiace). Bistecche da tutto il mondo, paste clamorose, salsicce, pulled pork, pollo arrosto e contorni a dir poco eccezionali sono gli addendi di uno dei locali più fighi della REGIONE.

Pranzare sabato da Royalbeef sarebbe stata una sicurezza: antipasto con formaggi e salumi dell’azienda di Giuseppe, un panino di pulled pork, 80 grammi di Santa carbonara e una bistecchina per finire. E invece no. Ho voluto osare e provare, quasi agli esordi, la nuova creatura dello chef: Royalfish. 

L’insegna ancora da cambiare

Al civico accanto a Royalbeef, nella vecchia risto – pescheria Dory, un tempo cocktail bar, Giuseppe e tutto il suo staff ha messo su un bel ristorantino con cucina a vista e vetrina del pesce.

Il ristorante

Tanto azzurro, tavoli in legno senza tovaglia. Apparecchiatura spogliata da qualsiasi mise en place istituzionale. Nuda e semplice così come l’approccio della cucina guidata da tre giovanissimi: Giuseppe in persona, Federico Talucci e Simone Sasso.

Il pesce

Una cucina divertente, giovane ma non modaiola. Una cucina studiata, pensata e FATTA COME SI DEVE. 
Lo spaghetto alle vongole c’è, non te preoccupà“. Così mi saluta Giuseppe appena varco la soglia del locale. Ma niente, quel sabato mattina, dei 15 piatti assaggiati, nessuno conteneva uno spaghetto e tantomeno una vongola. 

Guardate qui. 

Carpaccio di spigola
Tartare di ricciola

Si parte leggeri, classici. Nudi e crudi con una carrellata di crudi di pesce sfiorati appena con dita e pinzette. 
Tartare di spigola a cubi belli ciccioni come piace a me.
Carpaccio di ricciola, anche questo di spessore in tutti i sensi, appena coccolato dalla sferzata pungente di un giustamente acidulo condimento al limone e pepe nero.

Misto crudo

Partendo sempre dal prodotto, di qualità radicale, assaggiamo i re dei mari rigorosamente laziali: mazzancolla, gambero viola e scampo.
Una deviazione francese è l’ostrica Fine de Claire, affinate pensate un po’ in antiche saline d’argilla. Gliela concediamo dai. 

Seppia, latte, camomilla & Gin Mare

Si passa al cucinato, alle contaminazioni di chi non perde l’occasione di viaggiare oltre confine, per confrontarsi con realtà in ogni parte del mondo: seppia cruda marinata nel Gin Mare, camomilla e latte. O lo ami o lo odi. Io l’ho amato – e anche papà. Dolce, erbaceo dal morso carnivoro e appagante, è il giusto manifesto di una cucina marinara godibile, decisa e vibrante.

Proseguo la maratona nel reparto antipasti cotti, un tracciato di franchezza gustativa, devozione materica e rispetto nelle esecuzioni, vero e sincero riassunto istintivo e stagionale di quello che il mercato giornaliero ha da offrire. 

Parto con un boccone di pane intriso di pomodoro condito con gamberi scottati: omaggio alla Catalana, pura e semplice. Da bis, tris. 
Poi moscardino appena scottato, salsa di peperone arrosto e porro stufato dal morso fondente e vegetal-carnivoro. Porro e moscardino sono il mio nuovo matrimonio preferito, mi spiace per Harry e Megan.

Involtini di spigola, ricotta e menta

Involtini di spigola ripieni di ricotta, menta e chissà quale altra magia, messi allo spiedo, cotti alla griglia e glassati con una salsa che vi ricorderà sicuramente l’Asia.
Poi sempre con le mani addento un’incandescente crocchetta di baccalà, fondente e cremosa, sapida ma non salata. 

Crocchette di baccalà
La cucina a vista

E mentre i tre cucinieri smontano, deliscano e ricompongono monumenti ittici come fossero Michelangelo, ecco arrivare un Magnum. No, niente gelato. Niente dolce. E’ uno stecco fritto di mare, di seppia, spigola e nero di seppia da intingere in una finta salsa barbecue che sa tanto, tanto di gambero. Il fritto è da paura ma la salsa che ve lo dico a fa’: una stilettata, toccata e fuga, di mare dolce e rotondo. 

Magnum di mare & salsa bbq

E se per caso sentissi freddo, ecco arrivare il vapore caldo, profumato al pepe rosa, cardamomo e anice stellato, che scalda e completa la cottura di uno sgombro lardellato e anche qui glassato all’orientale. Molto maialoso

Sgombro, lardo e vapore aromatico

Ultimo spiedo prima del carboidrato è con il polpo che filologicamente rievoca un classico da mare: polpo e patate. Cilindri di polpo, positivamente calloso, da mordere, da sentire sotto i denti, trattato come fosse carne e accompagnato da una voluttuosa crema di patate al rosmarino. 

Tenacia e spessore tuonanti tra carboidrato & salsa si hanno con l’unica pasta del giorno: tortelli ripieni di pancia di maiale affumicata, cipolla caramellata e pomodoro, su salsa di ostriche e limone e glassa di birra doppio malto.  Un affondo agguerrito, penetrante, di contrappunti iodati e salmastri risolti in pregevole eleganza. Piatto da lode. Da applauso. Semplicemente perfetto.

Tortelli, pancia di maiale, ostriche e birra

Massicci ed eruditi al tempo stesso sono i due secondi: calamaro fritto alla moda Fiumicino – Fregene ed un signor Rombo usato a tutto tondo. Il pesce viene cotto e rivestito del suo stesso corpo, ossia fegato e “alette”- le parti più esterne, cartilaginee e saporite. Poi ci sono le chips della sua pelle e una risolutiva salsa di cime di rapa che spezza la dolcezza del piatto dovuta al fegato. 

Calamaro fritto

Si finisce col gioco, ma anche con la sfida: friggere i krapfen più buoni di Ostia e battere finalmente Paglia, il bar – pasticceria celebre per questo prodotto non solo tra gli abitanti del Lido. 

Krapfen

E allora, noi da giudici obiettivi, assaggiamo prima quelle dei ragazzi di Royal e poi le sfidanti. 
Tralasciando la fattura della crema pasticcera (100 a 0 per Royalfish), il primo impasto è soffice, ben lievitato e per niente esausto di frittura al contrario del secondo, meno areato e poco grondante zucchero semolato.

I Krapfen di Paglia

Quindi ricapitolando: giovedì gnocchi e domenica arrosto da Royalbeef, sabato pizza (dove vi pare) e martedì e venerdì pesce da Royalfish. Accendo la risposta. 

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