I 29 anni di vita di Simone Martorana sono metaforicamente paragonabili ad un’avvincente partita di flipper. Lui, pallina rocambolesca laccata d’argento vivo, che rimbalza su e giù con spirito avventuroso da un capo all’altro della cucina, e dell’Italia. Un gioco incessante, con improvvisi cambi di velocità, in cui, toccando obiettivi remoti, accumula punti esperienza sullo score luminoso. In palio, un unico premio: conseguire il suo sogno legato all’amore per la cucina.
Cuoco ramingo, dallo sguardo brillante, Simone si mostra essere un giovane uomo dal carattere umile e curioso, con un’attitudine per la ristorazione custodita nel sangue da tempi non sospetti.
Salite impervie, strade strettissime e percorsi sterrati per raggiungere la ‘tana’ privata dello chef Accursio Craparo, in quel di Modica, un luogo capace di riassumere bene l’animo di questo cuoco istintivo dal viscerale approccio marinaro. E’ qui che Simone lima la tecnica, affina il palato ed impara ad aprire gli occhi al mondo.
Poi torna nella sua terra, Tivoli, a coordinare la cucina del Cavallino Rosso, storico ristorante della piccola città alle porte di Roma. D’impronta spiccatamente campana, il locale propone a pranzo e a cena pizza napoletana in due sole versioni preparate secondo una ricetta segreta collaudata nel tempo. Accanto a lei ovviamente si impone lo stile della cucina dettato dalla romanità siculo – campana di Simone.

Lo chef non punta alla stella ma con occhi vispi, attenti e curiosi, capaci di generare emozioni sincere e ancestrali, sceglie di farsi largo fuori dalla frenesia della metropoli e dai convulsi ritmi cittadini: resta ai margini della mondanità e qui racconta, a voce bassa ma scandita, la sua filosofia di cucina.
Esercizi riproposti su un pentagramma di gesti cadenzati; frammenti di memoria che rincorrono un vissuto romantico, ma soprattutto la ricerca spontanea di un’espressione in grado di evadere dal tempo. Un lavoro alimentato da pratica costante, che insegue canoni di perfezione imperfetta che non vogliono stupire ma semplicemente appagare.
Nessun estremismo gastronomico, solo pancia, cuore e tanta Italia.

Gli snack di aperitivo in successione – dall’arancino zafferano, cozze e limone avvolto da una fragrante panatura lontana da untuosità sospette, al crudo di tonno con zenzero e ciliegie passando per il finto pomodoro di panzanella – conquistano per coerenza e intensità, ritraendo micro-paesaggi mediterranei commestibili. Direzione in cui, d’altronde, si sviluppa il ‘leitmotiv’ di questa cucina.

L’eleganza grassa e affumicata del salmone con salsa tzatiki e finocchio, funge da puntuale apripista per la sferzata sapida e lattica del baccalà mantecato con crema di patate, finocchietto, pinoli, limone e terra di cacao.
Sapori audaci lasciati fluire in libertà, ma sempre addomesticati nel piatto, tramite classe esecutiva e contrasti sottili. La vellutata di patate è leggera, per nulla collosa così come il croccante al cacao, salato e il giusto invadente.

Cifra ribadita con successo nella fenomenale batteria di carboidrati, tutti made by Pastificio Gentile di Gragnano. Io li ho provati tutti e posso dire di aver goduto dal primo all’ultimo centigrammo.

Si parte dallo spaghetto a vongole, qui appena macchiato con pomodorini di stagione. Vongolone, gonfie e turgide, sapide ma non salate, appena schiuse e unite allo spaghetto lasciato infondere nell’acqua di rilascio del frutto di mare. Un primo frutto di polso e pensiero, confezionato con il lusso essenziale proprio di una godibilità riconoscibile e sofisticata.

Capace di denudare il carboidrato con un impatto gustativo da record è la linguina cacio, pepe di sichuan, calamari, menta e scorza d’arancia. Vibrante di pascolo, terrosità seducente e note grezze inanellate con indomita eleganza, questa rilettura della cacio e pepe riesce a superare il grande classico romano. Il pecorino poco stagionato, l’aromaticità del pepe assieme all’agrume ricco di oli essenziali, fanno da apripista al calamaro ridotto in piccoli cubi.

Piatto dal formato di pasta eccentrico e ribelle – dalla masticabilità carnivora – è l’elica alla caprese di gambero rosso. Pasta al dentissimo, intrisa di un fitto sugo di pomodori freschi e succo di teste di gambero spremute a freddo, trova brillante scambio di battute tra basilico e mozzarella. Oltretutto la dolcezza confortevole del sugo fresco viene irrobustita dal quid della polpa del crostaceo lasciata cruda.

Sapori domestici, rassicuranti, proiettati al futuro sono quelli degli ziti alla genovese di tonno con salsa al limone e basilico. Le classiche cipolle stufate, protagoniste indiscusse di questo iconico piatto campano, sono trattate secondo tradizione e servite nude sulla pasta appena scolata, assieme a una dadolata di tonno crudo, salsa di limone sfusato e basilico.

E per non lasciarmi sfuggire nulla assaggio anche due forchettate di carbonara. Lo dico qui e lo ripeterò all’infinito: questa è la migliore carbonara che abbia mai mangiato – molto meglio di altre eccessivamente acclamate. Spaghettone Gentile da 18 minuti di cottura, tuorli d’uovo cremosi, pecorino poco stagionato, cubi di guanciale croccanti ma non troppo e abbondante pepe di mulinello sono gli addendi di una somma perfetta remixata con una conoscenza tecnica moderna e non superficiale, che vuole esaltare in semplicità delle materie prime di rara qualità. Applausi dal pubblico.

Prima di cedere il palco ai dolci però, fanno il loro ingresso due secondi: calamaro scottato – dalla cottura millimetrica, di chiara estrazione asiatica – presentata come un trattato di succulenza e callosità da standing ovation, con piselli e tentacoli fritti.

E il verbo meticcio e cosmopolita, pronunciato in coerenza e consapevolezza asiatica, procede con il tonno scottato al sesamo con salsa ponzu e bergamotto. Un placido commiato al reparto salato per avviarsi sulla strada più dolce.
L’ultima traccia della degustazione viene abbandonata da Simone che cede zucchero e lievito a Sal De Riso e alle sue creazioni amate in tutto il mondo.
Provo la monoporzione ricotta, pere e cioccolato. Oltre a lei c’è la delizia al limone, il babà e il tiramisù per citarne alcuni.
Al Cavallino Rosso trovi tradizione e contemporaneità. Trovi il lusso di poter scegliere se procedere sulla strada più classica e casalinga o su quella più movimentata ma altrettanto goduriosa. Trovi la frittatina di pasta e il tataki di tonno. Trovi la pizza e le eliche ai gamberi rossi. TROVI LA TIVOLI CHE NON TI ASPETTI.
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