Non si vive di solo fine dining.
Continua la mia battaglia contro la perenne ed esclusiva voglia di cucina gourmet, oggi, parlando di pizza, di certo bene/alimento sociale per definizione.
In un periodo in cui la gastronomia galleggia fin troppo su sistemi mediatici e digitali che tendono ad assecondare interessi distaccati dal significato puro e collettivo del cibo, premo la penna su questo pensiero anti – gastrofighetto.
Siamo sinceri, alla domanda “Quale vorresti fosse il tuo ultimo pasto“, nessuno risponderebbe “Risotto con anguilla affumicata, camomilla, anice stellato e sorbetto di mela verde” (ho creato un abbinamento puramente casuale e probabilmente disgustoso) ma TUTTI, e dico TUTTI, direbbero “Pizza, carbonara, lasagna, mozzarella“. E non perchè questi piatti superino in bontà le creazioni stellate (in alcuni casi sì) ma perchè evocano ricordi, memorie e persone, a volte intangibili.

E allora più di qualche volta, dedicatevi un’uscita in trattoria o in pizzeria. Sempre di livello però.
Tra le nuove insegne che meritano attenzione c’è quella di Francesco Apreda all’interno del The Pantheon Iconic Hotel.
Da meno di un anno Francesco e la sua squadra si sono trasferiti in questa lussuosa struttura pentastellata a due passi dal Pantheon creando un lunapark di offerte che spazia dal gourmet (che quest’anno ha ottenuto la stella Michelin), alla pizzeria.
Potete tranquillamente rinchiudervi in hotel e provare ogni giorno, per una settimana, un’esperienza diversa, basata però sempre ed esclusivamente sulla qualità. E viste le premesse, oggi non vi racconterò della cucina speziale di Francesco, ma della sua ultima sfida: la PIZZA.

All’ultimo piano dell’Hotel, nella Divinity Terrace, c’è un forno a vista che sforna pizze uniche da provare almeno una volta nella vita.
Integrando la cultura campano/romano/asiatica di Francesco, con le tecniche, i gesti e i mezzi concessi dall’esperienza di un pizzaiolo professionista si è generata una performante maglia glutinica di interazioni autentiche tra chef e fornaio, tra base e condimento, tra farina e salsa.

Base fina e croccante di semola, cornicione pronunciato e tigrato e poi salse, spume e polveri da dipendenza assicurata. Questo il marchio di una fabbrica di sapori che, nonostante sia stata appena messa a rodaggio, già conquista al primo morso.
Mercoledì scorso, in occasione della prima, di tante, degustazioni di Pizza & Champagne organizzate dal ristorante ho avuto la fortuna di assaggiare 4 pizze, in formato mini, abbinate ad una bottiglia di Champagne Veuve Clicquot. Un’oppurtunità più unica che rara: 1 cena, 4 pizze. E non è una puntata di Man vs Food state tranquilli: gli assaggi sono calibrati al milligrammo, seguendo una scala di sapori ben precisa.

Varco la soglia del locale, morbido, a tratti sfarzoso, a tratti fatato che con l’imporsi del manto notturno (se siete fortunelli puntellato di stelle) si accende di un’atmosfera ineguagliabile, rilanciata da una composizione di luci studiata nel dettaglio.Tutto questo mentre mangiate, CON LE MANI, una pizza preparata a mestiere e bagnate le labbra nel migliore Champagne in circolazione. Sogno o son desto?
Credo che al mondo non ci sia nulla di meglio. Davvero.

Anche perchè, coccolata e riverita da un servizio premuroso guidato da Fabrizio Gismondi, dopo un calibrato e non eccessivo aperitivo a base di olive speziate, spuma di mozzarella di bufala e giardiniera di verdure, il mio appetito aveva raggiunto le stelle (le stesse che quasi toccavo con un dito guardando dalla finestra).


Focaccia calda, streghette, pane bianco caldo. E poi olio extravergine di alta qualità e sale Maldon per spezzare l’attesa della prima pizza.

Eccola, che si erge su un piedistallo dorato come il più prezioso dei gioielli: Margherita Speziale con blend Spicy Bombay. Pomodoro e mozzarella, umori umidi e seducenti, ormai inseriti nel vocabolario di noi italiani, esaltati da una polvere magica creata da chef Apreda a base di decine di erbe, spezie e agrumi in quantità segretissime.

Seconda pizza: Marinara con black garlic e black lime. Assemblaggio semplice e vigoroso, poderoso e intenso come la strimpellata di una chitarra elettrica di materie prime provenienti da ogni parte del mondo. C’è sì l’origano e l’acciuga, ma c’è anche l’aglio nero fermentato, balsamico e dallo spiccato gusto di liquirizia, e ancora il black lime, che, lo ammetto, è la prima volta che assaggio.

Arriva la pizza della serata, forse la più buona che abbia mai mangiato per semplicità ed impatto: ogni assaggio è un elogio atavico e sentito alla buona cucina vissuta in spensieratezza, con un imprevedibile, quanto puntuale, tocco elegante nelle preparazioni e nel dosaggio delle spezie. Gli spumoni di ricotta sulla pizza calda sono la punta di diamante di una degustazione che incontra la croccantezza della foglia di radicchio e la rotondità invernale, quasi natalizia, del Masala. E vogliamo parlare del fiordilatte che fila all’infinito e rende ancora più goliardica e conviviale una cena vissuta sotto un tetto d’oro?

Ultimo assaggio, il più coatto, goloso, quasi infantile e capriccioso, quello che tutti da piccoli abbiamo ordinato: pizza patate e wurstel. Con la differenza che qui la proteina non è il salsicciotto austriaco ma un signor guanciale che a contatto col caldo dell’impasto si scioglie diventando lucido e irresistibile. Anche qui c’è la spezia, italiana però, fin troppo dimenticata: il finocchietto selvatico che, miracolosamente, alleggerisce e fa perdere centinaia di calorie al condimento.

E se già eravate al settimo cielo, aspettate di scegliere 4 dolci dalla vetrina messa a punto dalla pastry chef Edvige Simoncelli.
Il montblanc al tamarindo, la delizia al limone, la tartelletta al cioccolato e caramello così come il babà sono i bocconi (bites li chiamano i ragazzi di sala) più esplosivi, imprevedibili ma al contempo tradizionali, che proverete mai.

Ecco, il carosello (la performance) è finito, e tu ritrovi te stesso più felice che mai, immerso in uno spazio che accudisce, sollazza e rigenera. Perchè percepisci un’energia collettiva e adrenalinica senza confini, un agente lievitante da far invidia a qualsiasi lievito naturale dopo ennemila rinfreschi.
E ora datemi della vecchia, ma nelle rare pause di vita dal traffico del mondo, mi trovo sempre più a mio agio in dimensioni ristorative scanzonate e conviviali votate ad una socialità ruvida e quotidiana da mordere con le mani.
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