Il Marchese è un ristorante romano, di una romanità non verace ma elegante, nobile ma comunque sempre pronta allo scherzo.
Nato dalla creatività e dalla determinazione di due amici imprenditori, Davide Solari e Lorenzo Renzi, si pone come un ristorante contemporaneo nella forma ma tradizionale nel contenuto. Una realtà che propone carbonare ricche di uovo, pecorino e guanciale accanto a cocktail elaborati e di concetto.

Alla fine di Via Ripetta, a pochi metri dall’Ara Pacis, all’interno di un palazzo settecentesco, si pone e ben si nota per le vetrine a tutta all’altezza e l’insegna imponente.
Le sale sono imponenti, arredate con gusto, sfarzo non eccessivo ma che denota cura e lusso.
Da una parte ci sono tavoli e sedie in legno, pareti antichizzate e banconi in marmo, dall’altra mobili d’antiquariato, stucchi sfarzosi, le piante verdi e i grandi lampadari in ottone. Ciò che colpisce all’ingresso è il bancone bar con top in marmo di Carrara circondato da sgabelli in legno e incorniciato da poltrone e divanetti color pastello. Il pavimento è stato realizzato con vecchie cementine a scacchi bianchi e neri.
E poi, al centro c’è , il cuore pulsante del ristorante, la cucina a vista, sapientemente collegata al bancone bar da un’ampia vetrata.

In cucina c’è Daniele Roppo. Un cuoco, non uno chef. Un ragazzo giovane che si sporca le mani in cucina, in piatti di gusto, ricchi, semplici ma non banali. Lui stesso racconta di essersi avvicinato alla cucina come autodidatta, sperimentando da solo fin da piccolo le varie reazioni che gli alimenti avevano tra loro e poi studiando i libri di Robuchon e di altri grandi cuochi italiani e francesi.

Cosa lo ha spinto a diventare cuoco? La famiglia, i nonni ai fornelli.
“Ricordo che da piccolo – racconta Daniele – , a tavola mia nonna mi metteva davanti cervello e rognoni e mio nonno mi parlava del pesce e di come un buon prodotto non si veda solo dal costo ma soprattutto dal sapore. Il suo motto era: assaggia tutto ciò che credi valga la pena provare”.
Parte con lo studiare economia e giocare a rugby per poi trovarsi a lavorare in osterie di amici di famiglia.
Decide di frequentare la scuola “A tavola con lo chef”. Da lì parte tutto: lavora al Caffè Propaganda con Arcangelo Dandini, poi è a Stazione di Posta con Marco Martini. E alla fine arriva Il Marchese, per il quale gli viene chiesto di pensare a una cucina di tradizione ma con un impulso sempre innovativo.
Alla base della sua filosofia? Il gioco di squadra.
“Uniti si prova, si sbaglia, si sperimenta e infine si costruisce”, afferma convinto.
Qualche giorno fa sono stata a pranzo e Daniele mi ha fatto assaggiare il mondo.
La tradizione vince su tutto, associata a materie prime di ottima qualità e polso ineccepibile.
Il guanciale è di Re Norcino, il pecorino lo fornisce Cibaria e ancora i funghi porcini vengono forniti da un caro amico del cuoco Daniele, che ha un negozio di ortofrutta e che li seleziona personalmente dalle colline laziali.

Inizio con una serie di sfiziosi antipasti.
Si parte con una nuda e cruda battuta di fassona con nocciole, pomodori secchi e olio alla brace. Niente di più e niente di meno. A vincere qui è la qualità degli ingredienti e l’equilibrio nelle dosi.


Eccezionali, forse la cosa migliore assaggiata durante la degustazione, sono i due fritti del menù. Da una parte c’è la classica crocchetta di bollito, umida e fragrante al punto giusto, ingrassata da una golosissima salsa verde.
“Ricetta di mia nonna – racconta Daniele – nella quale faccio bollire e stracuocere il campanello e la punta di petto di manzo insieme a qualche spezia ed erba aromatica. È un piatto semplice fatto con tagli di carne poveri, dei quali mantengo anche l’acqua di cottura per ammorbidire la crocchetta. La salsa verde che accosto è quella classica che unisco a una maionese fatta in casa”.
Dall’altra, sapida ma non salata, c’è la crocchetta di baccalà pescato all’amo.

Un fuori menù molto apprezzato è la pancia di tonno marinata in sale, zucchero, pepe rosa e anice. Un simil prosciutto ma di mare. Ideale da provare nella pizza calda, come fosse mortadella.

Sul fronte primi assaggio una tripletta autunnale d’eccezione.
Prima arrivano gli spaghettoni burro di Normandia, Parmigiano Reggiano 30 mesi e tartufo bianco. Ottima la cottura della pasta e la mantecatura. Qui si vede il polso ben allenato di Daniele.

Primo del giorno è la fettuccina ai funghi porcini in un rapporto carboidrato : condimento 1 a 1. Fungo al dente e pasta con nervo. Vincente.

Altro piatto che sale sul podio dei vincitori. Buono, buono, buono. Gnocco di semolino soffice, alto e non pesante. Ottima la cottura in forna che lascia una crosticina croccante e saporita. Molto buona anche la salsa di parmigiano.

Gli assaggi salati terminano con la faraona ripiena di castagne. Un inno all’autunno. Ottima la cottura della carne che rimane tenera grazie all’uso della bassa temperatura.
Molto buoni sono anche i dolci del Marchese. Tra i vari è impossibile non citare il tiramisù al pistacchio.

Se si parla de Il Marchese non si può non menzionare il cocktail bar.
I cocktail sono ideali per un dopocena o come aperitivo ma, visto il momento storico, alcuni ben si adattano ad un pranzo leggero.
Ogni signature è creato con una grande selezione di ingredienti pregiati miscelati con maestria, texture diverse, composizioni straordinarie e differenti tra loro.
Alla guida del cocktail bar c’è Fabrizio Valeriani, bar tender con una solida esperienza alle spalle e diverse consulenze per start-up a tema mixology. Dopo 5 anni trascorsi dietro il bancone di Casina Valadier, è stato bar manager dello storico ristorante di pesce Pierluigi per poi seguire i tre punti romani di Sambamaki, giapponese fusion di cui ha curato anche il lancio a Stoccolma.

La carta è divisa in 3 capitoli: la parte dedicata agli Spritz, quella focalizzata sul Negroni e poi la raccolta di tutti i signature de Il Marchese.
La peculiarità della drink list è che vengono proposti cocktail “low Abv” (a basso contenuto di alcol) con un grande sapore. Tutti i drink sono senza proteine animali all’interno, quindi non c’è il classico albume d’uovo ma un’acquafaba di ceci che ha lo stesso potere emulsionante; non ci sono latti vaccini ma solo vegetali come mandorla, cocco o avena. Inoltre si cerca di fare un uso limitato della plastica, per avere un minor impatto ambientale.

Uno dei cocktail in carta, il “Battito d’Ali” è composto da tre soli ingredienti, due miscelati dal barman e uno aggiunto dal cliente per un effetto “wow!”. Troviamo poi drink con fermentato di ananas fatto in casa o un cordiale con la pastinaca e la lavanda, che ricorda il sapore di carota; un preparato con more, funghi e pompelmi lavorati con tecniche di cucina arrostendoli sui carboni per affumicarne la polpa.
Si consiglia di dare un’occhiata anche agli Special, ovvero dei Twist on classic fuori menu pensati proprio da Fabrizio. Tra questi c’è un Margarita dalle note leggermente piccanti con aggiunta di passion fruit e tabasco oppure il French75, a base di uno sciroppo di fiori home-made, lime, liquore ai fiori di sambuco, Gin e Franciacorta.
Il Marchese è il primo Amaro Bar in Europa e offre una carta con più di seicento etichette, italiane ed estere, dalle più blasonate e raffinate, quelle di nicchia e quelle vintage, piccolissime produzioni che valorizzano il nostro territor
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