A volte una parola dice tutto. A volte una parola dice nulla. 
Periferia. Treccani ne parla così: la parte estrema e più marginale, contrapposta al centro, di uno spazio fisico o di un territorio più o meno ampio. E aggiunge: oltre a indicare la collocazione nel tessuto urbano, aggiunge spesso una connotazione riduttiva, di squallore e desolazione. 

Pensare alla periferia significa pensare al degrado, alla sciatteria ed al dolore. Se dovessimo associare la periferia ad un colore, penseremmo al grigio, il triste, solitario e spento grigio che risplende solo come finto argento nelle carte di credito.

Ma il grigio a volte scompare perchè a volte la periferia non è tristezza ma è felicità e stupore in fermento.
A volte la periferia nasconde segreti dolci e straordinariamente sorprendenti che la colorano di vesti totalmente nuove

Un esempio su tutti è Fiumicino, alle porte di Roma. Siamo sinceri, la maggior parte dei Romani non è mai stata a Fiumicino, non è mai andata oltre l’aeroporto. A Fiumicino si va per andar via. Non è il centro attrattivo per eccellenza. Il mare non è una bellezza. 

Eppure, ora, le carte si ribaltano. La Domenica a pranzo, il Sabato a cena, in molti abbandonano la moderna e ipertecnologica – si fa per dire – Capitale per fiondarsi in periferia. 

Quale oscura ragione spinge gli uomini a farlo? 
Il cibo, il buon cibo. Per mangiare pesce non si resta in città, si va in periferia dove gli edifici sono impregnati di iodio e sale marino. 

La sala interna di Pascucci al Porticciolo

Ora Fiumicino conta tanti, validi ristoranti. Il loro capostipite è sicuramente il più anziano: Pascucci al Porticciolo di Gianfranco Pascucci e la moglie Vanessa Melis

Uno dei tavoli
La Tavola di Pascucci al Porticciolo

Il ristorante con albergo conta più anni di me. All’aspetto si è fermato nel tempo agli anni 70/80. Le mura sono bianche con punti blu. Romanisti non vi agitate, si tratta di un ristorante di mare. 
L’interno è minimalista con tavoli tondi e non sparsi per l’unica sala. Di anno in anno ci sono stati cambiamenti, impercettibili ai clienti più fedeli che sono cresciuti e crescono ancora insieme al ristorante. 

Gianfranco Pascucci 

Gianfranco, lo chef, è un autodidatta, appassionato del mare e dei suoi tesori. Surfista nel tempo libero, conosce la materia prima come le sue tasche. Ne scruta i ritmi, i colori e i gusti per tirarne fuori meraviglie d’artigianato. 

Il menù

E io queste meraviglie ho avuto la fortuna di assaggiarle durante un pranzo finito troppo presto. 

I grissini con farina di pino e abete

Appena ci si siede tutto scricchiola e suona. I grissini, infinitamente lunghi, preparati con la farina di abete e pino si esauriscono in pochi istanti.

Chips di cavolo viola, maionese di aringa e uova di salmone
Patate soffiate, fegato di rana pescatrice e carciofo
Sfoglia di pane ai cereali, burro al caffè e bottarga di muggine

E i denti non si stancano nell’addentare la batteria di stuzzichini offerti dalla cucina all’inizio della degustazione. Dalle chips di cavolo viola con aringa e uova di salmone  alla sfoglia di pane ai cereali con burro al caffè e bottarga di muggine fino alla patata croccante con fegato di rana pescatrice e carciofo il mare è presente. C’è sapidità, grassezza e divertimento, come al mare ad Agosto. 

Stuzzichino pt. 4 : piede burro e alici

La voglia è di alzarsi e buttarsi in acqua ma per questioni pratiche conviene mangiare il piedino di sfoglia ripieno di burro e alici e far finta di aver mosso quei piedi piuttosto che il nostro corpo fino alla battigia.

La spugna al prezzemolo con emulsione di ostriche e acciughe 
Io mentre faccio la scarpetta

A lavorare non sono solo i denti. Anche la mani vengono allenate con il prossimo assaggio, una simil scarpetta. Spugna alla mano e via di scarpetta sulla sabbia ferrosa di Fiumicino. In bocca esplode il mondo. Nascosta fra gli alveoli della spugna c’è un’emulsione di ostriche e acciughe mentre la sabbia è una polvere di scampi, mitili e alghe. Per chi si fosse dimenticato di trovarsi la mare, la scritta farà al caso suo. Se siete abituati a scrivere Ti Amo sulla sabbia, iniziate a cambiare abitudini e rendete omaggio al posto che vi ospita. 

La scritta

Non ho ancora toccato ferro, niente posate per ora e continuo così con l‘ostrica. Un’ostrica? Di quelle spruzzate di succo di limone e inghiottite in un istante? Da Pascucci al Porticciolo tutto è all’ennesima potenza. L’ostrica Speziata Tarbouriech del Mediterraneo, preparata da Gianfranco fa invidia alle cugine francesi. Perchè? Perchè ha le interiora, gli organi e i tessuti come il più complesso degli organismi cellulari. E’ sezionata in tre parti, una callosa, una con la barba e una grassa e arricchita con ingredienti non banali: maionese di cavolfiore e cumino, gel di pepe nero, pompelmo rosa e olio extra vergine d’oliva di Alfredo Cetrone. L’assaggio di un’ostrica si trasforma in una degustazione complessa, riflettuta e prolungata. 

L’ostrica speziata

Pane ideato con la collaborazione di Gabriele Bonci e burro demi – sel all’origano e acciughe. Pane, burro e alici. Che vuoi di più dalla vita? Un burro fantastico, un’acciuga saporita e un pane croccante e dalla mollica scioglievole. E questo mi è stato portato a tavola. 

Pane burro & alici

Il percorso continua con un piatto provocatorio che mette in primo piano la frutta secca del litorale laziale per eccellenza: il pinolo. Come la natura lo ha fatto, lo chef lo presenta in tavola tra dei gamberi gobbetti crudi e le loro uova, finocchio marino fermentato e un succo di conchiglie. L’estratto di vongole è servito freddo e racconta a pieno la storia di quei frutti che solo il Mar Mediterraneo riesce a regalare. Il sauté lo lasciamo agli stabilimenti. 

Gobbetti in acqua di vongole e pinoli – 24,00 euro

Chissà se un tonno abbia mai desiderato diventar maiale o un maiale diventar tonno. Le loro vite sono simili, così come i loro corpi. Al loro interno riservano tanto grasso, buono e invitante. Condurre una vita da tonno o da maiale non dovrebbe esser cosa malvagia, ma anche mangiarli ha il suo perchè. Mangiarli insieme ancor di più, ed è quello che ho fatto. Al palato si fondono assieme e si scambiano: il prosciutto di tonno marinato nel miso e condito con la sua bottarga è grasso e sapido sul finale mentre il lardo di maiale nero lo avvolge in una camera dolce e ovattata. Pistacchi e emulsione al limone aumentano la salivazione e il gioco in bocca. 

Prosciutto di tonno rosso del Mediterraneo e Lardo di Villa Maiella
Sembra prosciutto e invece è tonno

Ho sempre creduto che uno chef, bravo, a scuola sarebbe stato il primo della classe in arte e disegno. E il prossimo piatto di Gianfranco me lo dimostra: una rosa di orata marinata con rapa rossa, emulsione di latte e uova di salmone. Il pesce ha una consistenza compatta e traslucida simile al vetro. I condimenti chiudono il cerchio di una giostra terrosa, dolce e acida che ricorda le serate anni 70. 

Orata, rapa rossa, emulsione di latte e uova di salmone 
Orata, rapa rossa, emulsione di latte e uova di salmone

Penso a Fontana e al suo taglio e dico: perchè non ci ho pensato prima?! Inutile piangere sul latte versato, gli artisti sono tali perchè anticipano i pensieri più comuni e li rendono straordinari. A questo mi ha fatto riflettere il Gambero della portata successiva. Un Gambero Viola locale servito intero, dalla testa alla coda. Si inizia a mangiare a valle e si risale fino in cima per succhiare il contenuto celato nella testa. Carnevale di Rio in bocca: Marsala, alloro, arancio, burro alla salicornia. Tantissimi sapori esplodono in bocca.

Il Gambero ha perso la testa

Eppure era solo un gambero crudo. Ma chi avrebbe pensato mai di servirlo in un ristorante stellato con tovaglie e tovaglioli stirati alla perfezione? E chi avrebbe esortato il cliente a succhiarne la testa facendo più rumore possibile? E chi lo avrebbe mai servito con un bicchiere di Americano che se inizialmente può turbare alla fine trova il legame perfetto con il dolce, acido e amaricante gusto del succo della salsa?

Io mentre succhio la testa di Gambero Viola

La scarpetta con il secondo pane ad arrivare è d’obbligo. 

Il secondo servizio del pane
Pane ai cereali di Gabriele Bonci

Perchè spendere centinaia di euro per viaggiare? Al Porticciolo si viaggia in pochi minuti mangiando un semplice, piccolo raviolo al vapore. 
Il penultimo antipasto ad arrivare è un dumpling giapponese ripieno di polpa di granchio cotto al vapore e glassato con una riduzione di Umeboshi e crostacei. Solo un raviolo? Si purtroppo ma sotto il carapace dello stesso è nascosta un’insalata di granchio e maionese alla francese con finte squame di topinambur come si faceva negli anni 60. Giappone, Francia, Italia. La triade perfetta legata da un prodotto che richiama a gran voce per contorno e lineamenti la chiusura del raviolo orientale. 

Tutto granchio – 25,00 euro

Ultimo antipasto – se così ormai possiamo definirlo – è un tiramisù. Inizialmente interdetta, vedo arrivare a tavola una sfera trasparente con lance aguzze che ricordano gli aghi del riccio di mare. Al suo interno trovo una spuma leggera di patate che ricorda il mascarpone. Sopra due continenti distinti separati da una linea di polvere di caffè: in uno c’è un crumble di erbe verdi e acciuga essiccata, nell’altro una spuma di pane e acciuga marinata. Affondare il cucchiaio, rompere il confine e mangiare in libertà, questo è il consiglio. 

Tiramisù di alici

Secondo round: arriva la pasta, le paste. Spaghettini Felicetti con calameretti, limone e bottarga di muggine. Gianfranco si dimostra un maestro anche della pasta proponendo uno spaghettino paradossalmente al dente, cremoso e amalgamato alla perfezione con la bottarga. Il brodo ridotto di calamaro intensifica il gusto del mollusco che appena tocca il palato si scioglie. Sedano, scorza di limone e prezzemolo sono essenziali e conferiscono balsamicità e freschezza. Da notare è che è la prima volta che questa erba aromatica tocca tavola: il detto essere come il prezzemolo non ha più valore al Porticciolo. 

Neonato è il tortellino con anguilla, panna acida e brodo di prosciutto, funghi e tartufo. A sentirlo raccontare sembra essere un piatto aggressivo e invece no. I tortellini panna, prosciutto e piselli si omaggiano con un mare calmo e piatto. Il prosciutto entra nel brodo e la sua consistenza è data dall’anguilla appena laccata. La panna c’è ma non si vede. Il tartufo dona carattere ad una carne che sembra stare più in terra che in mare. 

Tortellini, panna acida e anguilla con brodo di prosciutto, funghi e tartufo
I tortellini

L’uomo si nutre di gusti ma anche di odori. Fragranze balsamiche, profumate, confortevoli riempiono il corpo e lo rilassano. L’esperienza l’ho vissuta guardando e poi gustando il secondo piatto: una tajiine di scampi cotti al vapore di erbe e spezie. Macis, pepe long, pepe rosa, erbe robuste, sedano, rosmarino, basilico, prezzemolo, finocchiella sprigionano fumi termali, di terra, che coccolano e cuociono dolcemente gli scampi colti poco prima dal mare. 

Scampi in vapore di erbe e spezie  – 26,00 euro
Scampi in vapore di erbe e spezie – 26,00 euro

Presi con le pinze si poggiano nel piatto e si condiscono con salsa verde, bisque di scampi e bieta croccante. A volte lo chef deve farsi da parte, assemblare due ingredienti e lasciare che questi si cuociano e conoscano da soli. 

Scampi in vapore di erbe e spezie – 26,00 euro

Si chiudono le porte del sale. Ora tocca al dolce. Effetti speciali per il primo dei due predessert che chiude il cerchio : torna l’ostrica, stavolta solo l’involucro esterno però, al naturale con di pan di spezie, gel di alga marina e limone. Si mangia con un cucchiaino in madre perla per restituire il sapore più puro del frutto. 

L’ostrica finale
L’ostrica finale

E poi ravioli bruciati al cannello ripieni di mela annurca, uno, e cioccolato bianco, l’altro, con caramello speziato e radici. Il confine tra dolce e salato è labile e inganna all’apparenza. 

La chiusura è alla romana e omaggia ancora una volta Gabriele Bonci ed il suo Maritozzo con panna montata e lamponi ghiacciati

Dolci inusuali per un ristorante stellato che convince ogni secondo di più.
La chiave di tutto sta nella consapevolezza delle proprie capacità e delle potenzialità degli ingredienti trattati. Pochi sono i gesti, tanti i pensieri e i progetti dietro ogni singolo piatto. 
La forza del mare è intatta e integra. Si è solo spostata di qualche metro ed è finita in un piatto bianco uscito dallo scaldavivande.

[Immagini: Daniele Amato]

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