47 Circus Roof Garden. Un nome così internazionale, sviscerato da qualsiasi legame e contatto con l’Italia, eppure complice e contenitore di una storia italiana. Com’è possibile tutto questo?
La risposta è duplice e la prima giunge immediata se si considerano le coordinate in cui si pone tale realtà.
Essa infatti è un ristorante – che strano Fra non parli mai di ristoranti – situato all’ultimo piano del Boutique Hotel FortySeven in via Petroselli.
E qualora non foste ben informati sulle strade di Roma, via Petroselli è quel lungo e largo viale incastonato tra la Bocca della Verità e il Foro Boario, tra lungotevere e il Circo Massimo. Insomma in quella Roma da film, da Vacanze romane.

Il proprietario, Luca Nicolotti, oltre a curare con attenzione il design della struttura, ha sempre nutrito il desiderio di proporre del buon cibo sulla sua terrazza, di offrire ai suoi ospiti ciò che avrebbe desiderato per sé.
Per questo non ha avuto dubbi nel chiamare come guida della brigata di cucina Antonio Gentile, giovane ed esperto chef di Ercolano che vanta una lunga gavetta: prima il corso A tavola con lo chef di Antonio Sciullo, poi al al Faro di Capo d’orso con lo chef Pierfranco Ferrara e ancora all’Imago, a Londra da Heinz Beck per finire a Ostia a guidare la cucina del Red Fish.

“Il 47 Circus oggi è il risultato di un lungo percorso iniziato anni fa – spiega Luca Nicolotti – La ristorazione unisce la maestria di Antonio, originario di Napoli e grande chef di pesce, alla grande competenza del nostro chef consulente Gabriele Enrico, che ha reso la cucina riconoscibile per una clientela internazionale, grazie alla sua grande esperienza accanto ad Alain Ducasse e a Gualtiero Marchesi. Ma il Circus non è solo cucina. I piatti sono coprotagonisti di un grande momento di fascinazione, spettacolo e convivialità, proprio come ricorda il nome stesso del locale, termine latino ma riconoscibile in tutte le lingue del mondo. Qui al Circus l’esperienza è sinonimo di stupore, gaiezza, giovialità, nel grande viaggio tra il gusto e la storia che offre questa terrazza”.

Spinta dalla curiosità, non vedo l’ora di recarmi in terrazza.
Al calar del sole, col tramonto che avanza, mi dirigo al mio tavolo, in ferro, nero, apparecchiato con una mise en place raffinata e eterea.
40 sono i coperti distribuiti sulla terrazza che circonda il perimetro della struttura. Niente sala interna. D’inverno si compensa il freddo con lampade e pashmine.


L’ora è ideale per l’aperitivo che qui propongono a 15 euro con cocktail e stuzzichini inclusi.
Per i cocktail signature ci pensa la barlady romana Beatrice Oliviero che impreziosisce con salvia, timo, aneto e rosmarino dall’orto urbano ospitato accanto al cocktail bar della terrazza.
Ad andare per la maggiore sono i drink base Gin & Tonic, rielaborati in modo convincente. Per me ha pensato ad un Gin Tonic con Gin Panarea profumato alla scorza d’arancia e pompelmo. Ottimo l’equilibrio tra dolce e acido, con quella leggera punta d’amaro che stuzzica il palato e fa aumentare l’appetito.
- Chips alle olive con arachidi
- Spugna croccante al prezzemolo con alici di Cetara e burro
- Chips di riso al nero di seppia, maionese al wasabi e spigola
- Polpettine di genovese
- Mozzarella in carrozza con prosciutto d’anatra


Una traiettoria di assaggi che più fedeli al DNA “sudista” del suo cuoco non si può. Dove il vero quid contemporaneo è sottolineato dalla calibratura di condimenti, cotture e texture. Preservando un gusto vivido, in tutta la sua ricchezza esuberante. Ne è esempio la popolarissima polpetta, resa simultaneamente umida e incredibilmente croccante al morso.
E poi che dire della mozzarella in carrozza: un mix di dinamiche sfumature acide, aromatiche, dolci e saline in musicale crescendo.


La cucina di Antonio Gentile esalta i prodotti senza fargli perdere identità, “perché il cibo, come gli elementi della natura, non si può stravolgere”.
Su questa filosofia si poggia l’intera degustazione, affiancata ai vini selezionati da Giorgio Graziani, esperto maitre con importanti trascorsi all’hotel Sheraton e al Bernini Bristol, da un anno al 47 Circus.

Seppia arrosto, pesto di olive e prezzemolo, limone e crema di cozze.
Antipasto potente dove la peccaminosa crema di cozze – chi mai avrebbe pensato di frullare le cozze?! – suggella un prolungamento perfetto con la seppia che sa di brace, di vita, in millimetrica cottura.

Chiama a gran voce l’autunno il Tataki di ricciola marinata, funghi porcini e crema di nocciole.
Qui il pesce assimila timbri e strutture di una vorticosa marinatura d’estrazione giapponese. Evasione, per tornare a casa con i Porcini e la grassezza della frutta secca.

Si saltella a ritmi sostenuti nei tracciati di vita e nei meandri creativi del cuoco con i due primi piatti.
Prima con lo Spaghettone Mancini al ragù di gallinella, peperoni arrosto, maggiorana e salicornia.
Grande maestria nella cottura e mantecatura della pasta in un fondo di pesce e succo di peperone arrosto che racconta maestria.

E la memoria di Antonio non tarda ad affermarsi, in veste incredibilmente godibile ed efficace, nei Tortelli di genovese di manzo, finocchi e provolone del Monaco.
“Non sono un estremista nei gusti, voglio solo che i miei piatti siano riconoscibili e equilibrati. Tutti gli ingredienti che uso devono essere protagonisti per cui quando penso a un piatto voglio che ogni ingrediente ne risulti esaltato. Nella mia cucina gioco a rileggere un po’ i piatti della tradizione, soprattutto quelli che mi porto dietro dalle mie origini. Come il Tortello di genovese, dove il ragù di carne che di solito viene servito con della pasta, lo metto dentro al raviolo, servito con una crema di finocchi. Del resto, da bravo chef e in più napoletano, ho una grande passione per la pasta”
Perchè si sa: la pasta è il veicolo di sapori e percezioni ancestrali per eccellenza.

Concludo il reparto salato con la Spigola al sale, ragù di patate, carciofi e salsa allo zafferano.
Un ricordo collettivo, che solletica corde emotive comuni: il giocoso e penetrante pesce al sale, dove elementi e consistenze trasposte in forma innovativa regalano un gusto pieno, immediato e rincuorante al palato.

Finisco con l’approdare in dolcezza a un comparto pasticceria come pochi se ne vedono a Roma.
Prima c’è una magic ball – così la chiamo io – ossia una sfera di cioccolato bianco ripiena di Moscow Mule, poco alcolico – ricordatevi che l’alcool è un anticongelante!.

Poi arriva il dolce vero e proprio: Cioccolato bianco caramellato, frutti rossi, arachidi e spugna al cacao. Sofisticato e nuovamente in mano a espedienti tecnici inappuntabili.

E poi piccola pasticceria. Fine.
“Per me Roma è quasi una seconda patria –spiega lo chef – la città dove mi sono formato e, negli ultimi anni, cresciuto professionalmente. Quando Luca Nicolotti mi ha lanciato la sfida di dare un’anima a questa terrazza, un luogo di bellezza assoluta, un ristorante che potesse essere ricordato e cercato, mi sono sentito onorato e ho accettato immediatamente. Qui sono circondato da cose belle, emozionanti e la mia cucina ne è stata influenzata e guidata: non posso offrire nel piatto qualcosa che sia da meno della vista!”
Le parole dello chef sono vere e reali.
Al 47 Circus Roof Garden anche i romantici in cerca di sole autunnale possono rintracciare il loro spicchio di Sud in formato culinario, autentico e rigenerante.
P.s. Oltre ai piatti alla carta, lo chef propone anche due percorsi di degustazione: Ispirazione, con 4 portate per 60 euro e Degustazione, con 6 portate a 80 euro (bevande escluse).
CONTATTI:
Via Luigi Petroselli, 47
Tel. 348 016 2378
Prenotazioni: http://47circusroofgarden.com
Aperto tutte le sere. Nel weekend anche a pranzo.
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