Qual è il vero successo di un locale? Di un ristorante, bar o pasticceria che sia?  Diventare il centro della vita di una persona, di un’intera famiglia. Diventare il punto di riferimento, l’albero maestro, la bussola in un oceano sperduto, il nascondiglio dove rifugiarsi per trovare calorie, piacere e appagamento. Ognuno di noi ha un proprio luogo del cuore. Il mio è Antonini: non un semplice bar, non una semplice pasticceria, ma una casa, un album di ricordi, feste e merende indimenticabili

Lo staff

A 72 anni dall’apertura, nel 1999, le prime candeline soffiate in occasione del mio battesimo sono state sulla celebre boscaiola di Antonini: una cupola di minuscole, ma potenti, fragoline di bosco che neppure il Brunelleschi saprebbe disporre meglio. 

Poi sono arrivati i compleanni, gli onomastici (ebbene sì, in casa Feresin si festeggiano anche gli onomastici) e altre mille scuse per comprare Boscaiole a non finire. 

A volte ci spingevamo oltre, verso una millefoglie costellata di gocce di cioccolato e crema Chantilly (attenzione NON SOLO PANNA come accade spesso) o un ciccionissimo profiteroles, ma la cosa che più faceva impazzire me e mio fratello erano le TARTINE. 

Le tartine 

Ogni Domenica mattina, da quando avrò avuto 4 anni più o meno, era (dico era perchè crescendo, dai tempi del liceo non succede più) tradizione fare merenda da Antonini verso le 11 del mattino prima di pranzare dalla Nonna. Una sosta meritata, un allenamento prima di tagliatelle, arrosto e patate al forno. 

Caricati in macchina, sul seggiolino, nel giro di una ventina di minuti, arrivavamo in Via Sabotino, e succedeva l’impossibile: fiumi di persone, lotte al bancone, camerieri carichi di vassoi strabordanti tazzine e poi noi, due gnomi affamati desideriosi di qualche grammo di pesce alle prime luci del giorno. 

L’aperitivo

Due/tre tartine a testa era la nostra dose quotidiana, gamberetti e aragosta io, gamberetti e uova di lompo mio fratello. Eravamo felici, felicissimi e a volte con così tanta acquolina in bocca da assaggiare anche il cornetto o la bomba alla crema. 

Negli anni la monotonia della tartina è stata superata dalla mitica pizza margherita, non la pizzetta di sfoglia attenzione: era abbastanza alta e massiccia, soffice e ricoperta di un dolcissimo sugo di pomodoro e mozzarella filante. Meravigliosa accanto ad un bel succo, sempre alle 11 di mattino.

E poi? Lo studio, la pigrizia ha fatto volare via questa nostra tradizione, e solo raramente, prima di fiondarci da Nonna, passiamo per il buon caro Antonini. 

Ma qualche settimana fa – guarda il caso – il lavoro mi ha reclutato proprio lì. 

L’insegna storica

Infatti l’8 settembre lo storico Bar ha riaperto i battenti, dopo una breve chiusura estiva, con un look e una proposta aggiornata e contemporanea.

Pensate che ancora oggi il bar è gestito dalla quarta generazione della famiglia Antonini ed è uno dei pochi marchi storici romani completamente a conduzione familiare. 

Per i più curiosi aggiungo che il locale è inserito in un palazzo dallo stile Umbertino, progettato dall’architetto Innocenzo Sabbatini, e fondato nel 1927 da Giuseppe Antonini con la moglie Giuliva. Nacque come latteria di quartiere dove si vendevano latte, burro, caramelle, “pasterelle” e gelato.

Nel primo dopoguerra, esattamente nel 1948, subentra il figlio Giorgio dopo aver fatto il militare e aver lavorato come pasticcere in una struttura americana nei pressi del Foro Italico che si prendeva cura dei soldati feriti in guerra. Qui preparava torte e dolci. I cornetti e i maritozzi con panna e gelato allo zabaione, diventano famosi in tutta Roma. Insieme alla moglie Bianca dà nuovo impulso all’attività facendola diventare l’Antonini che conosciamo oggi. 

Ad affiancarlo il pasticcere Mario Prosperi, un’artista dell’arte bianca dal gusto eccezionale e dal palato raffinato, un vero riferimento per la storia Antonini sin dal giorno del suo ingresso nel 1927. 

Giungiamo così agli anni tra i 60’ e i 70’ in cui ad aiutare i genitori arrivano le figlie Paola e Luciana che danno a loro volta un nuovo impulso. Nel 1982 sarà poi il marito della signora Paola, Paolo, a voler ampliare ulteriormente il locale: famosi i dolci della domenica, le paste, i cornetti e i maritozzi. In particolare i dolci al burro erano uno dei cavalli di battaglia del bar Antonini, si trattava di una specie di Sacher con crema al burro aromatizzata al caffè e cioccolata tipica di quei tempi. 

Frequentato dalla Roma bene come liberi professionisti, avvocati e commercialisti, la posizione del Bar Antonini, poco distante dal “Teatro Delle Vittorie” e dalla sede RAI, permette di accogliere personalità dello spettacolo e della televisione quali Gino Bramieri, le gemelle Kessler, Mina, Marcello Mastroianni e Lucio Dalla, a cui le sorelle Antonini offrivano il cappuccino per pranzare date le condizione di povertà in cui il cantautore si trovava all’epoca, ma anche Renato Zero e Nanni Moretti che qui ha girato alcune scene del film “Sogni d’oro” dove parla della Cannonata e della Sacher firmata Antonini personalizzata con marmellata di mirtilli. 

Oggi il locale è gestito da Maurizio Antonini con il supporto della madre Paola.

Maurizio Antonini & la madre Paola

Tornando al concreto quindi qualche settimana fa passo per Via Sabotino a testare la nuova offerta gastronomica del bar per un APERITIVO RINFORZATO. 

A una lunga tavolata, davanti ad un rinfrescante Moscow Mule assaggiando mille chicche tutte di estrema qualità. 

C’è la mitica pizzetta rossa romana mono porzione fatta con la sfoglia e la pasta del pane “perché più friabile e che dona sensazioni diverse in un morso soltanto” spiega Maurizio Antonini. Vi giuro che è la pizzetta rossa più buona della mia vita: burrossissima, fragrantissima e con quella punta di dolcezza da perderci la testa. 

Le pizzette rosse

Poi le tartine, sia come le ricordavo dall’infanzia con il giro di maionese e al centro l’affumicato ittico, sia in versione black, ossia con una maionese di mare aromatizzata al nero di seppia, molto più sapida e iodata del normale. Oltretutto, mi spiega Maurizio, il pane della tartina è stato modificato: è più leggero e areato, soffice e umido. 

Una forchettata di tagliolini al burro con uova di salmone, pinoli tostati e riduzione di Porto è quel che ci vuole per rinforzare l’aperitivo. Ottimo l’equilibrio dei sapori e il nervo della pasta. Questo come anche il piatto successivo, “Lingua di manzo, gambero crudo, arancia e fichi”, li potete trovare nel menù alla carta del pranzo e della cena. 

Infine arrivano i dolci, dalla storica torta di burro degli anni 60 alla Cannonata con lo zabaione Antonini passando per  la Boscaiola, la Tahiti simile alla Boscaiola ma ricoperta di more e kiwi e infine la Sacher Antonini con la marmellata di mirtilli.

Mi sto dimenticando qualcosa…Ah sì il gelato!

 Antonini da sempre è stato riconosciuto, oltre che per i suoi dolci, anche per il gelato, proposto tutto l’anno. Tra le tante innovazioni c’è l’introduzione della macchina mantecatrice “Principessa”, una macchina che permette di mantecare il gelato al momento con un’altissima qualità valorizzandone le migliori caratteristiche, mantenendo i profumi degli ingredienti, dimezzando i consumi energetici e permettendo il 100% di risparmio idrico.
Il gusto zabaione, un must di questa storica insegna, manterrà ancora di più la perfetta consistenza del semifreddo e la ricetta originale fatta con uova fresche e marsala Mineo (siciliano) o Florio e il torroncino avrà all’interno il pan di Spagna sbriciolato. Per i gusti alla frutta si continuerà a usare solo frutta di stagione molto matura. 

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