Non è il primo articolo che esce su di lui, ma che posso farci?
Il Fungo è la mia viziata abitudine alimentare.
Non posso farci niente se qui la cucina viaggia su metriche identitarie sempre più scandite, chiare e audaci. Non ci sono soste ma solo scalini che salgono sempre più in alto, quasi a toccare la punta del Fungo stesso, dirompente dall’asfalto dell’Eur di Roma.
Al Quattordicesimo piano dell’edificio, non il Coronavirus, non la lezione di immunologia, non l’acido lattico alle ginocchia possono distorgliermi dal desiderio di assaggiare tutti i nuovi piatti di Mirko Ceravolo.

Capello pettinato, muscolo tonico e sguardo allegro. Uno chef così non si vede spesso in giro. Sportivo ma con i tendini retti ai fornelli. Curioso e ricettivo. Plasmabile al punto da assorbire e rielaborare come pochi tecniche moderne e contaminazioni ragionate, Mirko ieri come oggi è riuscito a stupirmi.

L’intensità gustativa è pregnante già dal primo antipasto.
Ostrica affumicata. Poi limone candito, peperoncino e cipollotto.
Un boccone di detonazione salmastra, fine e piena. Bacio uno scoglio, di quelli sapidi ma non salati, lisci quasi lucenti.

Gambero rosso e pistacchio hanno tanto in comune. Sono i Sandra e Raimondo della cucina. All’apparenza altisonanti, al gusto uguali, dalle sequenze codificanti omologhe. Grassi, avvolgenti, appena sapidi. Il matrimonio però è stuzzicante: l’uno è più dolce, l’altro più salato; l’uno morbido, cremoso, l’altro croccante e robusto. Ad unirli per sempre la salsa cocktail.

La filosofia di Mirko è condizionata in moto naturale e spontaneo dalla stagione. Ai tempi del pranzo, il sole, che incombente bussava sui vetri della cucina, chiamava a gran voce la granita. Ed eccola, di cipolla rossa, assieme al melograno ed un carpaccio di ricciola.

Dalle parole ai fatti, con un’altra doppietta esaltante.
Un tramezzino 2.0 dove tonno, uovo e formaggio acquistano nuova linfa, più nobile e ripulita. Cubo di tonno tataki, uovo pochè, panato nel panko e fritto, salsa di caprino. Morso da camionista che sintetizza un incontro violento tra l’opulenza del tuorlo fondente, l’acidità spinta del formaggio e il nerbo fibroso del tonno.

Non lo avrei mai ordinato e invece mi ha cambiato la giornata. Forse il piatto più stupefacente del pranzo, di questo e di quelli degli ultimi mesi: Seppia arrosto, lardo e cavolfiore. Il mollusco è calloso, ricoperto di una crosta da cinema evocatrice di scorpacciate di noccioline salate, eppure a base di mandorle e lardo di maiale. Il cavolfiore crudo e cotto completa il piatto che è un inno al grasso, al buono. al cachemire, alla seta lipidica.

Nuda e cruda. Il fusillone del Pastificio Massi di Senigallia è tanta roba già da se. Va addentato spoglio di orpelli e Mirko questo lo sa. Pistacchio, tonno e bottarga di muggine. Sicilia e Sardegna assieme in un binomio ruffiano ma dall’equilibrio precario, qui centrato in pieno.

Zucca che trova virilità e carattere nel patanegra. Così si risolvono i tortelli di zucca del Fungo. Mari e monti in autunno. Gli scampi scottati più dolci si scontrano con la forza del patanegra, toccato il meno possibile. Semplicità e naturalezza.

Semplicità e naturalezza sono le fondamenta anche per la costruzione del capitolo dessert con una torta di mele, zabaione e vov da KO.
Anche oggi 8 piatti li ho assaggiati. La gastrina sta già lavorando, lo stomaco è ormai pronto ad accogliere nuovi strati di carboidrati, proteine e trigliceridi.
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