Quasi ai confini di Roma, in una zona conosciuta solo per il capolinea dell’Otto, c’è una trattoria che propone i classici romani con rispetto e attenzione. Il suo nome è Cesare, o meglio Da Cesare al Casaletto.
Cesare e Casaletto sembrano due nomi fatti per stare assieme, un’allitterazione di gutturali elegante e armoniosa che ispira solo ed esclusivamente bontà.
Un po’ per l’allitterazione, un po’ perchè era bel tempo, un po’ perchè avevo voglia di cacio e pepe e, solo un po’, perchè era il compleanno di mamma, ho alzato la cornetta del telefono è ho prenotato un tavolo per sabato a pranzo da Cesare al Casaletto.

Tram, qualche fermata e sono arrivata. Fa ancora troppo freddo per mangiare all’aperto, sotto la veranda coperta di edera che senz’altro in primavera ed estate è la ciliegina sulla torta di una quasi scampagnata fuori Roma.
Mi siedo all’interno, nella sala linda e pinta, bianchissima e affollata di tavoli apparecchiati in maniera classica con tovaglia e tovagliolo bianchi.
Acqua, menù e un buonissimo cestino di pane casareccio mi spronano all’ordinazione. Antipasto, primo e secondo sono imprescindibili qui, e se c’è spazio mi riservo anche qualche cucchiaiata di dolce.
Al vino ci pensa mamma, consigliata dal preparato padrone di casa Leonardo Vignoli, amante in special modo dei vini naturali. La carta dei vini di Cesare è fuori dal comune, lontana dalla classica selezione da osteria: troverete etichette italiane di piccoli produttori che lavorano principalmente in maniera biologica.

E dopo il vino arriva il fritto.
Iniziamo il pranzo con un set caldo e profumatissimo di alici fresche di Anzio fritte, polpette di melanzane e polpette di bollito.

Saporite e carnose le alici.
Straordinarie le polpette di melanzane, cremosissime all’interno e croccanti all’esterno con una punta di salsa di pomodoro all’arrabbiata fresca e pungente. Nonostante sia inverno queste melanzane sanno di melanzane: i miracoli della scienza!

Golose anche le polpette di lesso, ricche di carne e povere di pane e altri elementi disturbanti. Nota di merito alla salsa verde fatta in casa, erbacea e acida il giusto.

E dopo aver sgranchito lo stomaco e i denti tocca ai primi.
Io opto per la classica cacio e pepe che qui, da Cesare, è un’istituzione. Cremosissima e pepata il giusto, questa cacio e pepe deve la sua fama alla sua speciale mantecatura, a base di ghiaccio! Il ghiaccio evita che il formaggio stracci e crei fili sgradevoli. Anche la pasta è particolare, si tratta di un tonnarello molto fine più simile ad un tagliolino.

Rigatoni alla gricia per i maschi di famiglia: la pasta poteva essere più al dente, ma il bilanciamento del sale è azzeccato e lo spessore del guanciale molto gradevole.

La festeggiata ordina invece il primo di mare che sul litorale laziale va per la maggiore: tonnarelli cozze e pecorino. Molto, molto saporito, ma non salato. La presenza dei pomodorini è vitale per spegnere la sapidità spinta del formaggio e della cozza, cotta alla perfezione, ancora succosa e gonfia.

I fegatelli alla griglia, piatto del giorno, urlano di essere ordinati e noi non ci tiriamo indietro. La materia prima è ottima e la cottura millimetrica. Come contorno? Broccoletti ripassati, leggermente troppo cotti, e patate fritte, un vizio impossibile da estirpare a mio fratello.

Millefoglie con crema e visciole per festeggiare gli anni e si torna a casa. La sfoglia è cristallizzata, sembra marmo lucente e croccante mentre la crema ricca e lucida profuma di vaniglia in maniera felicemente spropositata.

La sala gira frenetica come un orologio, con un servizio cortese e attento che porta a casa il proprio compito in poche ore. Il conto è ottimo, encomiabile per quello che è stato mangiato. E anche se non lo fosse stato, poco importa: pagava mamma.
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