Fine anno. Freddo, libri, stanchezza, zona gialla e tanta fame.
Unico rimedio? Delivery.
Ma non un classico e banale delivery di pizza o hamburger. Questa volta mi sono tratta bene e ho scelto il pokè.
Cos’è il Pokè?
Si tratta di un piatto della cucina hawaiana, creato da un giapponese prendendo spunto dal tradizionale Donburi (Don). I Pokè sono preparati principalmente con pesce e ingredienti crudi, mentre i Don con carne e ingredienti cotti. Ciò che accomuna i due piatti è una base di riso bianco, con sopra i diversi ingredienti e le verdure.

A Roma negli ultimi anni hanno aperto decine di realtà specializzate nella loro produzione. Io ho deciso di puntare tutto su Pokèdon, il nuovo locale di Akira Yoshida, una certezza a Roma.
E’ sempre lui infatti il proprietario dei due Ramen Bar e di Leos’ Gyoza, dell’azienda Konishi Sakè e l’ideatore di eventi quali Via Japan. Insomma Akira è l’imprenditore giapponese con la I maiuscola qui nella Capitale.

Aperto questo autunno Pokèdon si dedica al 100% al pokè giapponese, offrendo un prodotto che porta la tradizione giapponese in chiave moderna. Un “healty food” veloce, fresco e adatto a tutti, in uno stile contemporaneo dai dettagli urban giapponesi.
Il piatto principale di Pokèdon, dunque, sono le bowl, preparate con ingredienti tipicamente giapponesi, nelle varianti con pesce crudo o cotto, carne o vegetariano. In alternativa figurano anche alcuni temaki con gli stessi ingredienti, più una selezione di antipasti giapponesi (gyoza, vans, takoyaki, edamame, wakame) e di bevande originali importate dal Giappone.
Dal divano di casa ordino due Pokè ed un assaggio di gyoza.

Parto con il pesce e affondo le bacchette nell’Aburi Salmon (12,00 euro per 25o grammi di prodotto) con salmone scottato, riso, mais, edamame, salsa di soia e insalata.

Si passa alla carne, di sostanza, con lo Yakiniku Don (12,00 euro per 250 grammi di prodotto) a base di carne di maiale saltata in padella, pancetta nello specifico, salsa Yakiniku, riso, cavolo, carota e ravanello.
Non aspettative pokè “crudiste”, qui carne e pesce sono cotti come da tradizione giapponese. Il punto di forza sono la cottura e quindi consistenza del riso, sgranato e percepile al palato, nonchè il sapore deciso dell’elemento proteico che appena scottato esprime al meglio il suo sapore.

Ma non è finita qui: la mia curiosità si è spinta a provare anche i gyoza alla piastra ripieno di carne di maiale. Probabilmente i migliori mangiati a Roma. Il trasporto ristorante – casa non intacca la croccantezza della sfoglia nè al contempo l’umidità del ripieno. Da mangiare come pop corn uno dietro l’altro.
E ora che si piò tornare a mangiar fuori, almeno a pranzo, passerò per il quartiere Ostiense per un secondo assaggio.
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