Datemi pure della vecchia ma io se devo bere devo bere seduta. Niente cocktail alla mano destra e patatina/telefono/qualsiasi cosa possiate o vogliate o dobbiate tenere alla sinistra. Io quando bevo devo bere comoda. E oltre alla comodità esigo ovviamente la bontà.
Abitando e trascorrendo la maggior parte del mio tempo a Trastevere mi trovo spesso in difficoltà: i locali iper affollati che sfornano cocktail di dubbia provenienza a rotta di collo sono all’ordine del giorno nelle stradine del quartiere (per me) più figo della Capitale.
Pozioni magiche oscure, dolcissime e poco alcoliche, trattenute nei biccheri di plastica del discount da bere con cannucce rosa shocking, sono la mia perenne spina nel fianco. Tutti i fine settimana me li ritrovo davanti e li bevo: l’amicizia trionfa sempre sul cibo (o quasi).
Però c’è un però. E quel però si chiama Santo, un piccolissimo ristorante – cocktail bar nascosto in una piazzetta verdeggiante del quartiere tra una scalinata che porta al Gianicolo e una discesa che mira dritta a Piazza Trilussa.
Votato a una socialità ruvida e quotidiana, Santo si distacca dai locali del quartiere su più fronti:
A) Design contemporaneo con pareti scure, tavoli nudi apparecchiati in maniera minimalista, edera rampicante e tantissime supersantos a colorare l’ambiente. Poi c’è lui, un super bancone bar munito di scaffali stracolmi dei migliori super alcolici in mercato e bottiglie di sciroppi fatti in casa.
B) Cocktail d’autore che cambiano di continuo. Non vi svelo i gusti perchè dovete scoprirli da soli ma vi assicuro che sono da sballo e virano dalla frutta dolce a quella più acidula con note di spezie ed erbe molto piacevoli.
C) Cucina innovativa e giovane che sposa sapori confortanti a tecniche contemporanee e impiattamenti d’effetto.
Dopo questi punti che dite ce lo fate un salto? Io ci sono stata una Domenica fa, senza rimpianti ma solo con grande felicità.
Arrivo alle 20, mi siedo e ordino un cocktail. Con lui piombano sulla tavola una serie di antipasti che, in un piccolo diametro, racchiudono un significato immenso di valori che intaccano il cibo: la sensibilità di chi cucina e l’atto amorevole, godurioso del nutrimento nella sua forma più libera e ribelle. Nella batteria di antipasti del giovane e promettente chef Edoardo Meuti, mi affascina la Tartare di Fassona Piemontese con salsa di melanzana affumicata, spaghetti di Riso Croccanti e tuorlo d’uovo marinato al finocchietto dalle molteplici consistenze e profumi affumicati che rendono ancora più carnivora una carne di grande qualità.

New Zeland cotto a bassa temperatura, mollica di pane alle erbe, terra ai funghi e ristretto di Agnello
Poi ci sono le seppie e piselli in versione 2.0. Se nella precedente versione lo chef le serviva crude adesso le scotta velocemente e le serve con il loro nero e una crema delicata di piselli. Piatto vivace e irriverente che viene seguito da un altrettanto provocatorio Tiramisù di baccalà servito in coppa.
La grassezza del pesce mantecato con la panna viene amplificata dalla spuma di patate e dalla burrosa croccantezza del crumble di pane sottostante. Una spolverata di cacao finisce il piatto, lo ingolosisce e lo rende meno stucchevole.
Poderosi e intensi, raffinati ed eleganti sono i bottoni di pasta ripieni di melanzane arrosto e menta con fonduta di Parmigiano Reggiano 30 mesi e gel di colatura di alici di Cetara. Belli gonfi, morbidi ed esplosivi, questi piccoli ravioli gonfi e paffuti sono il ponte perfetto tra inverno e primavera.

Baccalò alla Cacciatora € 22 Cuore di Baccalà marinato alla Cacciatora, Mayo alle olive nere, ristretto di aceto di lamponi e Salvia fritta
Finisco con il baccalà alla cacciatora, tenace, aromatico e penetrante dove la cottura del baccalà stupisce e invoglia ad un altro assaggio. La spinta più acida del ristretto di aceto di lamponi fa salivare la bocca sempre in attesa di sgranocchiare la salvia fritta che in parte nasconde il lomo di pesce.

Tiramisù € 8 Crema al Mascarpone, sablé al caffè, cacao amaro
Immancabile un dolce. Qui si spazia dal Tiramisù in formato millefoglie dove dischi di frolla si intervallano a ciuffi di crema di mascarpone gialla e ricca di calorie fino ad arrivare alla New York Cheese Cake con crema al formaggio, crumble, frutti di bosco e panna allo zabaione.
In generale Santo è un luogo fatto di gesti e persone dall’identità eruttante. Il padrone di casa Daniele Fadda è un fiume in piena di idee e progetti che racconta al cliente rendendolo parte di un’esperienza unica e stimolante.
Un ristoro nel vero senso del termine: appagante, caldo, in continua evoluzione. E sopratutto giovane e di qualità. Un luogo che a Trastevere mancava e che i suoi abitanti e passeggeri richiedevano con estremo bisogno.

P.S. Oltre che la sera provate a frequentare il locale di giorno, sopratutto la Domenica. Da Santo consumi il tuo pasto scegliendo i piatti del menù – più semplice e immediato rispetto a quello serale – e poi, lasciando un documento, prendi gratuitamente un’elegante e comoda bicicletta e gira fino a sera tra le viette e i vicoli di Roma.
Tartare di carne o pesce, crocchette di melanzane preparare con la antica ricetta della nonna dello chef, humus di ceci con crumble di olive nere e crostini di pane, tonnarelli all’amatriciana, fettuccine burro e alici , hamburger e tanto altro ti accoglieranno.

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