Pensavate che le Gallerie fossero solo da attraversare in macchina a velocità massima? Pensavate per caso che fossero luoghi stracolmi di dipinti e opere d’arte di estremo pregio? Pensavate male: esistono anche Gallerie di cibo.
A Roma, a cavallo tra il 2018 e il 2019, ha aperto la prima Food Gallery della città. Dove? Nella sempre più mondana Ponte Milvio al posto del Voy, locale tanto amato dalla gioventù locale.
E’ stata la stessa proprietà del Voy, la famiglia Martella, formata da 4 giovanissimi imprenditori, a optare per il grande cambiamento.
Già proprietari di Mahalo – South Pacific Fine Food, un ristorante di sushi-fusion hawaiano, i quattro ragazzi hanno deciso fosse giusto, per il momento storico, allargare ancor di più l’offerta esotica, dinamica e giovane abbandonando una ristorazione di tipo classico per una decisamente stravagante.
Tre locali in uno. Tre identità distinte, connesse da un corridoio. Tre cucine. Tre tradizioni differenti: una hawaiana, Mahalo, una spagnola, Malandros, e una carnivora, Meaters. Un itinerario del gusto nel gusto: tre metaristoranti, da provare in una sola serata o, più razionalmente, in giorni distinti, con la certezza di trovare sempre la stessa qualità.
Ma entriamo nel dettaglio. Io, che razionale non sono, le due nuove nate, Meaters e Malandros, le ho provate in una botta sola, nell’arco di tre ore.

La prima tappa: Malandros
Dal freddo gelido dell’esterno, alla calorosa atmosfera spagnola, colorata e perennemente in festa: sono entrata da Malandros. Tavolini in legno colorati, mura colorate, piatti colorati. Tutto è in festa. Ci sono i graffiti, i murales, la Guernica di Picasso in chiave pop e una riproduzione della Salamandra di Gaudì.
Mi sento a Barcellona e continuerò a sentirmi per il resto della serata. Il giovanissimo cameriere mi spiega il concept del locale e mi porge il menù stracolmo di tapas da condividere ad inizio pasto e paelle più sostanziose.
Seguiamo i suoi consigli ed ordiniamo alcuni sfizi.

Da bere? Sangria ovviamente. Optiamo per la classica di vino rosso, ma c’è anche di vino bianco o “De Cava” sia in brocca che al calice.



In pochi minuti una serie di coccetti piombano a raffica a ricoprire l’intero perimetro d’assaggio: piccanti e corroboranti patatas bravas, croccanti e sfogliate come pergamene ci sono le empanadillas sia de verduras sia de jamon y queso (per i non spagnoli: pasta brisè ripiena o di verdure come melanzana e peperone o di jamon e formaggio). E ancora, in cordiale crescendo di sapori – e calorie – ci sono le imperdibili Croquetas de jamon: niente meno che lingotti di besciamella arricchiti di prosciutto, impanati e fritti in olio profondo. Il paradiso di un goloso. L’incubo di un nutrizionista.

Gagliardo e ruffiano è il Maialino Iberico sfumato al Cava con carote arrosto: una botta di vita grassa e dolce che non smetteresti mai di mangiare perchè acidulata dalla bollicina alcolica.

Poi arriva la Paella: una mastodontica padella in ferro che a mala pena riesce a farsi strada sul tavolo. Tenuta sul piedistallo emana profumi affumicati, abbrustoliti, di terra e di mare. Io, infatti, temeraria quale sono, ho ordinato la mixta a base di zafferano, chorizo, pollo, calamari, gamberi, cipolla, aglio, peperoni, pimenton e chi più ne ha più ne metta. Insomma un tripudio di sapori che ben traduce la vita spagnola. Il riso è molto rosso, affumicato, appena abbrustolito con quella crosticina che ti invoglia a grattare con il mestolo fino all’ultimo chicco.
Se non siete dei grandi sperimentatori potete optare per quella di pesce o di sola carne.
E niente dopo questa valanga di riso mi sposto nell’altro ristorante. Mi lascio alle spalle tanti dolci golosi dai churros alla crema catalana passando per gli Alfajores, ossia i biscotti ripieni di dulce de leche. Pazienza, li proverò un’altra volta: mi aspetta la carne adesso.

La seconda tappa: Meaters
Attraverso il Lady’s Bar che sforna per entrambi i locali cocktail a dir poco bizzarri – io ho provato il Bloody Margarita da KO – e mi catapulto in un’atmosfera completamente diversa: elegante, intima, rilassante dove legno, metallo, bambù si combinano armoniosamente. C’è un super tavolo sociale al centro della sala e tutt’intorno tanti tavoli lasciati respirare il legno di cui sono fatti. Sembra di essere in qualsiasi capitale del mondo tranne Roma. Grissini buoni buoni buoni, pane e acqua. Iniziamo a spizzicare qualcosa come se non avessimo mangiato nulla prima e ordiniamo altri piatti.

La scelta è ampia e propone preparazioni carnivore da tutto il mondo: c’è la Francia il Sudafrica, il Giappone, la Corea e ovviamente gli Stati Uniti e l’Italia.

L’inizio è destabilizzante con l’ Os à moelle grillè, ossia midollo alla brace cotto nell’osso, condito con pepe nero, erba cipollina e accompagnato da bruschette. Un osso tagliato a metà per il senso della lunghezza non ti capita tutti i giorni. A Roma è sicuramente una rarità. O lo si ama o lo si odia. La consistenza è burrosa, scioglievole e rassicurante. La nota fresca delle erbe è essenziale a rinfrescare il palato.

Dalla Francia ci spostiamo nei Balcani con le Cevapcici, ossia polpettine di manzo e maiale speziate con salsa Ajvar. Paprika, peperoncino, pepe nero invadono il palato ma non lo annientano: lo accompagnano verso una rotta sconosciuta che diverte e solletica.

Chiudo il viaggio in Corea, con quello che a parere anche della mia amica è il piatti migliore in assoluto: i Bool Kogi, straccetti di manzo alla griglia, marinati con sesamo, soia, porro e serviti con riso basmati e spinaci salati.
Un piatto all’apparenza banale e scialbo che invece nasconde profumi e consistenze inusuali e golose.

Oltre a questo in carta ci sono t – bone e costate italiane. spagnole e argentine di tutto rispetto da abbinare a contorni di stagione e salse esotiche.

Nonostante la pancia fosse sempre più presente ordiniamo il dolce, e che dolce!
La Dirt Cake ci arriva dentro un vaso per i fiori e sembra veramente fango!
Il cucchiaio affonda curioso in una mousse – budino dal sapore intenso ma non eccessivo di cioccolato. Il tocco da maestro? Il crumble al cacao leggermente salato che, mescolato alla mousse, da’ l’idea di gustare l’impasto per torte crudo che tanto amavamo da bambini.
La prossima volta farò il tris e assaggerò tutte e tre le mini gallerie. Si vive una volta sola nella vita, giusto?
Indirizzo: Via Flaminia, 496c, 00191 Roma RM
Telefono: 06 3322 2179
Aperto tutti i giorni sia a pranzo sia a cena
Prezzo medio: 30 euro
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